Lorrin
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Un punto imprecisato nelle foreste dell’Impero orientale
Anno 250 dalla Caduta di Loch
“Hai una sola possibilità di salvarti amico mio. Per farlo dovrai correre più veloce del vento”.
L’uomo conosciuto con il nome di Lorrin sogghignò mentre, imbracciando un rudimentale archibugio, soffiava delicatamente per ravvivare uno stoppino fumante che serviva per incendiare la polvere da sparo con cui era caricata la sua arma.
“Io ora ti slegherò e tu sarai libero di andare; ma se ti dovessi colpire…”. il fumo denso della miccia avvolse il volto ruvido di Lorrin, l’incandescenza si riflesse nei suoi occhi selvaggi “…in quel caso saresti mio”.
Il prigioniero inginocchiato ai suoi piedi deglutì ed iniziò a tremare mentre uno dei compagni di Lorrin gli tagliò i lacci che lo tenevano bloccato come un capretto.
L’uomo, appena si sentì libero provò a scattare per iniziare la sua corsa verso la libertà. Essendo stato legato e torturato per diversi giorni però i suoi muscoli erano intorpiditi e, dopo aver mosso un paio di passi, si ritrovò sfinito con la faccia nel fango.
Lorrin scoppiò in una fragorosa risata e così anche il manipolo di uomini che stavano assistendo a quella pietosa scena.
Con tutte la sue ultime forze il prigioniero si rialzò faticosamente e provò nuovamente a correre via.
Tuttavia non fece in tempo a fare qualche metro che un boato squarciò l’aria ed una pallottola gli trapassò l’addome penetrando dalla schiena ed uscendo poco sotto il suo stomaco.
Urlando di dolore l’uomo cadde nuovamente nel fango e, dopo qualche secondo prese a strisciare sui gomiti, provando disperatamente ad allontanarsi dal suo aguzzino.
“Ti chiedo scusa se ho fatto fuoco subito ma sai… queste nuove armi tendono a non essere precise nelle lunghe distanze e non volevo correre il rischio che tu riuscissi a scappare” sbraitò Lorrin mentre con rapide falcate attraversava la radura avvicinandosi all’uomo a cui aveva appena sparato.
Raggiunto il prigioniero che mugugnava per il dolore, mentre il sangue fuoriusciva copioso dalla ferita addominale, Lorrin iniziò a colpirlo violentemente sulla nuca con il calcio del suo archibugio ancora fumante.
Una volta che ebbe finto il lavoro fece cenno ai suoi scagnozzi di raggiungerlo.
“Spero che tu sia più buono come stufato che come corridore” disse ridacchiando mentre spogliavano il prigioniero di tutti i suoi sudici abiti. L’occhio di Lorrin cadde su di una pergamena che sbucava da un taschino della veste del prigioniero, abbandonata nel fango.Prima che venisse buttata tra le fiamme del falò, assieme al resto degli averi dell’uomo che aveva appena ucciso, Lorrin l’agguantò: si trattava di un manifesto stampato su cui era raffigurata una figura aberrante che sembrava divorare decine di uomini e donne. Tra le fauci di quel demonio c’erano anche diversi rappresentanti del Sacro Culto.
Lorrin sogghignò pensando alla reazione di quei pomposi ecclesiastici alla vista di quel volantino.
Le uniche scritte presenti sul foglio consunto erano: “Dämonen Loch, Città dannata e rifugio dei peggiori mercenari”.
Mentre i bifolchi che lo accompagnavano gozzovigliavano e si ubriacavano, Lorrin non riusciva a pensare ad altro che a quel manifesto. Sapeva benissimo che i suoi giorni da brigante sarebbero prima o poi terminati. Aveva già sentito diverse storie su quella città maledetta ma fino a quel momento non ci aveva mai dato troppo peso.
Forse era davvero giunto il momento di partire per una nuova avventura e scoprire se le leggende erano vere o solo il frutto della fantasia di qualche ubriacone.

Boschetto di Rolf in Dämonen Loch, Quartiere Riserva di Caccia
Anno 254 dalla Caduta di Loch
“Certo che potevo chiedervi qualche feodo in più per sistemare questa faccenda”.
Lorrin sputò ai piedi dei due mercenari che aveva davanti mentre, accarezzandosi la folta barba, osservava in fondo alla radura un gruppetto di alabardieri che cercavano impotenti di ingaggiare un guerriero gigantesco, completamente corazzato, che con il suo spadone aveva appena tagliato in due un nemico.
“Ti prego Lorrin” disse uno dei due individui prostrandosi ai suoi piedi “quel mastodonte ha già massacrato cinque dei nostri compagni e se non riusciamo ad eliminarlo chi lo sente il nostro Capomastro?”.
Lorrin sembrava intento a soppesare la situazione mentre il gigantesco guerriero decapitò un altro alabardiere con un ampio fendente.
“Va bene” disse infine indicando la grossa colubrina che giaceva nell’erba alle sue spalle “ne approfitterò per provare il mio nuovo gingillo che avete gentilmente trasportato fino a qui per me”.
Mentre lo scontro infuriava e il massiccio guerriero continuava e mietere vittime con il suo spadone, Lorrin si fece aiutare per sistemare il rudimentale pezzo di artiglieria davanti al bersaglio.
Senza smettere di canticchiare una scabrosa canzoncina, comune tra i mercenari dell’Impero, l’uomo inserì nella canna dell’arma un pallettone metallico poco più grande di una grossa mela e, a quel punto, si sfilò dalla cintura una miccia fumante.
Mentre puntava la grossa canna della colubrina verso il suo bersaglio soffiò delicatamente sullo stoppino per farlo tornare incandescente.
Quando si convinse di aver azzeccato la traiettoria del suo proiettile diede fuoco alla polvere e l’arma sparò.
Il boato fu assordante: l’esplosione fece tremare il terreno sotto ai piedi di Lorrin, l’aria si saturò di un denso fumo grigio e dall’intenso odore acre tipico della polvere da sparo bruciata.
Il pallettone fuoriuscito dalla colubrina centrò il guerriero corazzato poco sotto l’orbita destra.
Per via del potente impatto lo zigomo venne polverizzato; una pioggia di sangue, denti, ossa e cervella inondò gli ultimi due alabardieri che, esausti, stavano cercando di contenere quel terribile nemico.
Praticamente decapitato, il corpo massiccio del guerriero cadde all’indietro franando al suolo e producendo un forte clangore.
Per qualche istante la radura rimase avvolta da un silenzio innaturale, anche se tutti i presenti avevano le orecchie attraversate dal fischio sordo prodotto dalla forte esplosione.
Ad un tratto Lorrin proruppe in una fragorosa risata. Il fumo lentamente si diradò ed i presenti poterono osservare l’eccentrico cacciatore accarezzare con occhi estasiati la sua terribile arma.
“Con te al mio fianco potrei diventare il re di questo fottuto mondo” disse infine.

