La gabbia
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Klunt era nascosto in un oscuro budello tra i vicoli della Fortezza.
Erano ormai passate diverse ore da quando, infilandosi tra delle casse di vettovaglie sopra ad un montacarichi, si era intrufolato nel quartiere.
Il suo Capomastro, Lord Trevis, gli aveva affidato un compito molto importante e Klunt non poteva permettersi di essere scoperto.
Lord Trevis non aveva ancora digerito il fatto che la sua Gilda fosse stata pesantemente sconfitta nell’ultima missione.
Un Dignitario che si rivolgeva spesso alla Gilda di Lord Trevis aveva chiesto che gli fosse consegnato un rarissimo Codice arcano, appartenente alla Cabala della Purificazione. Quel raro e potente scritto era custodito in una grotta sotterranea nel quartiere della Torre arcana.
Con i Feodi pattuiti come ricompensa il Capomastro avrebbe sicuramente ampliato il dormitorio della Gilda ed acquistato diverse armi per i suoi mercenari più fidati.
Tuttavia, convinto di risolvere la questione senza troppe difficoltà, Lord Trevis non aveva fatto perlustrare la zona ed aveva affiancato diversi novellini al gruppo guidato dallo stesso Klunt.
La missione si rivelò un fallimento: anche un’altra Gilda era stata informata della posizione del Codice e, nello scontro che si scatenò nelle anguste gallerie della cappella sotterranea dove era custodito il libro, quasi tutti i mercenari di Lord Trevis rimasero uccisi. Klunt stesso si salvò per miracolo riportando una grave ferita alla spalla.
Volendo riscuotere ad ogni costo il pagamento e accecato dalla vendetta, Lord Trevis aveva incaricato Klunt di compiere un’azione meschina ed assolutamente vietata dal codice d’onore dei Capomastri: compiere un furto presso il quartier Generale di un’altra Gilda.
È risaputo che tutto quello che si trova negli edifici di una Gilda è di proprietà della stessa: l’unico modo per ottenerlo è strapparlo dalle gelide mani dei cadaveri dei suoi mercenari.
Non era ammesso il furto, azione dei codardi della peggior specie.
Klunt, truffatore, borseggiatore e tagliagole si era sempre distinto per non aver il benché minimo senso dell’onore e nel provare un piacere viscerale nell’infrangere le regole. Per questo motivo, non appena riuscì nuovamente a reggersi in piedi, si offrì volontario per questa poco onorevole vendetta.
Quella notte, come spesso accadeva a DemLoc, il cielo era coperto da una fitta coltre di nuvole minacciose che impedivano ai raggi della luna di rischiarare le strade deserte della città.
Klunt aspettò nascosto davanti al quartier generale della Gilda rivale finché non vide che la maggior parte delle lanterne vicino alle finestre erano state spente. Quello era il segnale per iniziare a muoversi: togliendosi il mantello per essere più agile nei movimenti, il mercenario si avviò con passi fulminei e felpati verso uno angusto vicolo che costeggiava il dormitorio della Gilda.
L’uomo si arrampicò fino a raggiungere una finestra socchiusa al primo piano dell’edificio e con un movimento morbido si intrufolò all’interno della stanza.
Come si aspettava si trovò nel mezzo della sala che ospitava i giacigli dei mercenari che stavano dormendo pesantemente, sfiniti dal duro allenamento giornaliero.
Cercando di sfruttare ogni nascondiglio disponibile e muovendosi furtivamente tra i corridoi semi illuminati del palazzo, Klunt finalmente trovò l’accesso alla Biblioteca arcana e, dopo aver forzato la vecchia serratura, finalmente poté entrare nell’enorme stanza che custodiva tutti i manufatti arcani della Gilda.
Dopo aver verificato che non ci fosse nessuno nella biblioteca, il mercenario iniziò ad aggirarsi tra gli altissimi scaffali che lambivano il soffitto stracolmi di libri, con l’unico obiettivo di trovare il Codice che si era lasciato rubare sotto il naso qualche settimana prima. Dopo mezz’ora finalmente individuò il tomo: era stato lasciato aperto su di un banco di studio. Klunt si avvicinò per raccoglierlo e metterlo nella sua borsa, nella pagina in cui il libro era aperto vide disegnati con tratti violenti centinaia di scarabocchi che parevano tracciati col sangue. Occhi grotteschi sembravano osservarlo da quelle luride pagine.
Provando ribrezzo per chi trascorreva la propria esistenza a studiare quelle porcherie, il mercenario chiuse violentemente il tomo, lo mise nella bisaccia che aveva a tracolla e si avviò nuovamente verso il dormitorio per uscire da dove si era intrufolato.
Entrato nuovamente nella stanza ingombra di giacigli di paglia dove dormivano tutti quei mercenari nemici Klunt ebbe un fremito. Pensò nuovamente a come erano stati massacrati i suoi commilitoni. Un rivolo di sudore gli corse lungo la fronte, le mani iniziarono a fremere. L’uomo, sentì distintamente una voce bisbigliare al suo orecchio: “uccidili tutti e vendicati”.
Preso da una frenesia innaturale, Klunt estrasse il pugnale e si avvicinò al primo giaciglio alla sua destra occupato da un ragazzo che sembrava immerso in chissà quali sogni. Il mercenario gli mise bruscamente una mano sulla bocca e con l’altra che stringeva saldamente il pugnale gli squarciò la gola. La giovane vittima aprì di soprassalto gli occhi e fu scossa da alcuni spasmi. Smise di muoversi nel giro di qualche manciata di secondi, mentre zampilli di sangue caldo inondarono le braccia ed il viso di Klunt.
Non ancora sazio il mercenario si mosse verso un altro giaciglio dimenticandosi della sua vera missione. Uccise un secondo ed un terzo nemico ma quest’ultimo cercando di divincolarsi colpì un candeliere in ferro che si trovava ai piedi del letto facendolo cadere e provocando un forte rumore.
In quel momento diversi mercenari nemici si svegliarono e ci misero poco a capire che cosa stesse succedendo: in un istante piombarono sul nemico disarmandolo ed iniziando a colpirlo con calci e pugni. Klunt cercava di coprirsi la testa con le braccia ma era una lotta impari, diversi pestoni portati al costato gli spezzarono le costole, un pugno ben assestato gli ruppe il setto nasale. L’ultima cosa che l’uomo sentì prima di svenire fu un’intensa e sguaiata risata.
Klunt si svegliò bruscamente quando un corvo gli beccò violentemente una spalla, con un gesto istintivo fece per allontanare l’animale ma la sua mano andò a cozzare contro una sbarra metallica.
Mentre cercava di alzarsi l’uomo si accorse che aveva la gambe a penzoloni nel vuoto e che si trovava in una stretta gabbia cilindrica appesa ad un albero, troppo stretta per stare seduti e troppo bassa per stare in piedi. Mentre cercava in tutti i modi di trovare una posizione comoda Klunt sentì delle persone ridere: “finalmente ti sei svegliato carogna”.
Alcuni uomini che si trovavano sotto la sua gabbia iniziarono a sbeffeggiarlo ed insultarlo
“questa è la punizione per chi ruba alle altre Gilde. Marcirai e morirai in quella gabbia”.
Klunt proruppe in un grido disperato invocando il nome del suo capomastro
“Sei stato rinnegato povero Klunt, il tuo Lord Trevis ti ha rinnegato e ha pagato una bella quantità di feodi al nostro Capomastro per scusarsi della tua condotta. Oramai sei nostro, lurido infame”.
Arrivarono anche altri uomini ed iniziarono a bersagliare la gabbia con ortaggi marci, sassi ed escrementi.
Di Klunt si sa che trascorse le ultime settimane di vita in quella putrescentea gabbia cigolante appesa ad uno dei più antichi alberi della Fortezza. Decine di corvi iniziarono a dargli il tormento negli ultimi giorni, iniziando a spolparlo mentre, con le ultime forze, cercava disperatamente di allontanarli ma senza alcuna speranza.
La gabbia venne calata solamente quando rimasero le ossa con sporadici brandelli di carne putrida ancora attaccata.

